Abbiamo intervistato Valerio Melandri, fondatore e direttore del Master in Fundraising dell’Università di Bologna e del Festival del Fundraising per conoscere i nuovi trend della raccolta fondi e i focus dell'edizione 2016 del Festival.
Professore, quali sono i punti salienti del FFR 2016? Il trend del fundraising, in Italia e nel Mondo, qual è?
Il punto centrale di quest’anno è il forte interesse per i middle e major donor. Non dobbiamo più fermarci alle piccole donazioni, ma farle diventare medio-grandi.
Nei database delle associazioni, ci sono dei “giganti addormentati” e il nostro compito è svegliarli. In altre parole, possiamo affermare che ci sono dei possibili donatori con parecchie risorse, ma bisogna andarle a chiedere.
Crede che gli strumenti di comunicazione online possano contribuire a questo obiettivo? Come il crowdfunding, ad esempio
La comunicazione online può essere un metodo efficace, soprattutto per generare nuovi donatori e il crowdfunding, in questo senso, può essere un metodo straordinario. Ma non bisogna fermarsi qui. Il donatore va coltivato e coccolato. Per far questo è fondamentale sviluppare una solida strategia di raccolta fondi che utilizzi sia strumenti online che offline.
Quindi, per quale motivo il fundraiser deve utilizzare gli strumenti forniti dalla rete?
Il motivo è semplice: internet ci dà la possibilità di stare vicino al donatore. La parola d’ordine è integrazione. È necessario integrare tutti gli strumenti possibili per creare una relazione duratura. Adesso, grazie alla tecnologia, si possono avere contatti più veloci, anche con diecimila persone contemporaneamente. Fino a qualche anno fa era impensabile. Questo ci permette di creare un contatto e di stare in relazione con i donatori, molto di più rispetto a quanto ci stavamo ieri. E questo è positivo.
Le maggiori potenzialità possono arrivare ad esempio dallo scambio di relazioni sfruttando mezzi digitali come il blog, Skype, Messanger e Whatsapp. Ci vuole tempo e costanza, ma le prospettive sono interessanti. Quando questo approccio è stato utilizzato, ha funzionato. Quello che mi impressiona di più è l’integrazione completa e totale di tutti questi strumenti.
Dalla ricerca Donare 3.0 emerge che il donatore utilizza sempre di più le donazioni online, come paypal e carta di credito. È un trend in crescita rispetto ad altri, come il contante ed il bollettino postale. Che impatto può avere sui fundraiser?
Credo che alcuni strumenti di donazione come i bollettini postali verranno ancora utilizzati da quella fetta di popolazione più anziana, che non utilizza la rete. La cosa importante è che grazie al web abbiamo una grossa possibilità: avere rapporti più continuativi e più efficienti con il donatore. E questo può fare la differenza.
Anche se stiamo attraversando un periodo drammatico dal punto di vista delle disuguaglianze sociali o dell'immigrazione, possimo evidenziare lati positivi nel nostro tempo quali internet che ad esempio nella raccolta fondi ci permette di stare a contatto con i nostri donatori in un modo più efficiente, più veloce, più vero e più personale.
Rete del dono sta cercando di creare una cultura sull’importanza della relazione e del coinvolgimento. E c’è un riscontro positivo.
È tutto lì: una questione di cultura.
Basta guardare a Change.org, che ha iniziato a erogare corsi di formazione gratuiti per insegnare come usare la piattaforma. L’obiettivo è far capire che bisogna integrare.
Mantenere la relazione e il coinvolgimento del donatore è fondamentale. Se aumento la percentuale di donatori fidelizzati e, al tempo stesso, aumentiamo la loro frequenza ed entità di donazione, il risultato ha un effetto composto esponenziale. Questa è la differenza tra interesse semplice e interesse composto. Dobbiamo portare a casa tutte queste variabili insieme.
Cosa si può fare per aumentare la cultura del dono in Italia? Servirebbero forse delle sinergie maggiori tra le Organizzazioni per raggiungere un pubblico più vasto?
Si, le non profit dovrebbero collaborare tra di loro per raggiungere un pubblico di massa ma scegliendo delle campagne con una call to action ben precisa. Ad esempio credo che un'azione colettiva possa funzionare per far conoscere e valorizzare i lasciti solidali.
Mi immagino anche una comunicazione mirata sulle aziende per invitarle a donare il 5% al non profit. Avrebbe delle conseguenze importanti sulle donazioni con un impatto sia sulla collettività che sui propri dipendenti. Con campagne specifiche i risultati potrebbero essere tangibili. Il problema? Senza risorse è difficile realizzare vere e proprie campagne di massa.
Grazie professore e buon lavoro.
Grazie a voi e un saluto a tutti.