Uno dei grandi cambiamenti in atto nel nostro paese riguarda da vicino il Terzo Settore, oggetto di una profonda riforma mirata a valorizzare il lavoro dei professionisti coinvolti, creando quelle condizioni per poter operare con maggiore efficienza e, per la prima volta in Italia, toccando da vicino il tema del fundraising. Si tratta di un passaggio complesso, a tratti ondivago: proprio per questo motivo, data la ricchezza dell’iter legislativo, abbiamo voluto intervistare Elena Zanella. Consulente, formatore, blogger, Elena opera a cavallo tra comunicazione, marketing, fundraising da oltre una decina d’anni, e oggi commenta per il blog di Rete del Dono la situazione.
Il fundraising è entrato a far parte del testo di legge. Cosa significa in concreto questo passo e che significato ha? Sulla base del nuovo testo, cambia anche il ruolo delle Organizzazioni Non Profit. Ci puoi spiegare in che modo? E qual è il nuovo ruolo che il fundraising nel suo complesso può avere alla luce del nuovo testo?
Abbiamo iniziato questo percorso qualche mese fa, in modo discreto. Abbiamo ottenuto un risultato importante ma è solo il primo passo. L’iter è lungo e vorremmo fosse già domani per dirci: “Ok, ora ci siamo davvero”. La motivazione che la scorsa estate mi ha spinto, dapprima a lanciare una call pubblica e, successivamente, a confrontarmi con il Governo per l’inserimento della raccolta fondi all’interno della Riforma è stata solo una: la sua assenza. Nel leggere le otto pagine successive all’invito del Ministero non mi capacitavo.
Non c’era nulla sul fundraising, nonostante il grande lavoro fatto da alcuni di noi. Mi riferisco, in modo particolare, alla proposta presentata dalla Scuola di Roma di giugno 2014 a seguito del confronto con i fundraiser partito durante lo scorso Festival del Fundraising a Lazise. La seconda ragione è che non mi spiegavo il perché, nonostante la ricchezza dei lavori pervenuti all’attenzione del Governo, oltre 700 se non erro, l’immagine del Terzo Settore che percepivo uscire da quelle pagine fosse desueta: attore passivo di azioni di solidarietà. Bravo, questo sì, ma pur sempre destinatario e non attivatore. Credo che questo aspetto non sia banale: spostare l’attenzione dal solo donatore, portando il peso al centro tra donatore e organizzazione permette di mettere in moto quella reciprocità che è possibile solo se due organismi concorrono a realizzarla. Mi piace pensare a un Terzo Settore nobile, a tutto tondo, che agisce, opera e merita che gli venga riconosciuta la capacità di essere impresa. D’utilità sociale, ma pur sempre impresa.
Inizialmente, il testo prevedeva la promozione dei comportamenti donativi di persone ed enti, escludendo, di fatto, l’organizzazione da questo processo. Per la prima volta viene riconosciuta all’organizzazione nonprofit la possibilità di attivarsi in termini di sollecitazione al dono grazie all’adozione di attività raccolta fondi. E’ un passaggio fondamentale, a mio modo di vedere, e l’inizio di un nuovo percorso per il fundraising che assume un ruolo strategico nelle politiche e nelle scelte degli enti. E’ forse prematuro ma un aspetto a cui io tengo molto e forse non appare così chiaro è il valore della legittimazione: nel momento in cui la raccolta fondi entra di fatto in una legge del Paese, diventa più semplice riconoscere il ruolo di chi vi lavora e concrete, oltre che legittime e credibili, le scelte assunte. La legittimazione è un passaggio chiave che farà la differenza e innescherà un circolo virtuoso a favore di un cambiamento culturale in parte già in atto. Insomma: per realizzare qualsiasi cosa ci vogliono i soldi. Inutile nasconderci dietro a un dito. Quindi, bene parlarne apertamente, sdoganare il concetto e legittimarne le azioni.
Dal tuo punto di vista, quali sono i prossimi passi in avanti da fare?
Come gruppo, ci siamo messi a disposizione per una serie di attività in cui crediamo – con molta franchezza – di poter portare un contributo reale e distintivo. Non per presunzione, s’intende, ma solo per competenza reale sul tema. Questo, ne siamo certi, contribuirebbe a semplificare la vita delle nostre organizzazioni e il lavoro dei fundraiser. A patto che si voglia. Quello che desideriamo portare, e lo abbiamo fatto lì al Tavolo del Sottosegretario Luigi Bobba, è la cultura della trasparenza e della rendicontazione, aspetto che un’organizzazione deve avere a cuore e di cui il fundraiser può farsi garante e promotore privilegiato. Lo scorso novembre, dopo uno degli incontri presso il Ministero, abbiamo elencati una serie di punti che abbiamo ritenuto importanti e su cui il fundraising può essere utile.
- Chi raccoglie fondi lo deve fare nel rispetto di alcuni standard, come i codici etici e di comportamento per le donazioni, che preservino i comportamenti virtuosi e salvaguardino il donatore e l’atto di donazione.
- Il contribuente deve avere la facoltà di scegliere se rendere pubblica o meno all’ente la propria scelta - e, quindi, la propria identità - rispetto all’8, 5 o 2 per mille. Stessa cosa in relazione agli SMS solidali.
- Unificare le agevolazioni fiscali per chi dona con un occhio di riguardo alle cause ritenute più difficili e di impatto socialmente utile per le quali è previsto un minor intervento da parte dello Stato.
- Rivedere l’attuale sistema di raccolta fondi con SMS.
- Riflettere sulla ripartizione delle somme provenienti dal 5 per 1000, su cui si è espressa anche la Corte dei Conti
- Favorire la trasparenza, rendendo obbligatoria la pubblicazione dei bilanci online se l’organizzazione si avvale di attività di raccolta fondi.
In questi mesi i professionisti del settore hanno riflettuto molto sul cambiamento in atto, spesso come te pubblicando molti contributi online. Cosa ti è piaciuto di più di questa riflessione?
Ho avuto modo di seguire molti confronti partecipando agli incontri e di leggere molto. L’ho fatto anche ultimamente, dopo l’uscita del testo dalla Commissione Affari Sociali. L’aspetto che ho apprezzato e apprezzo di più è lo spirito dialettico e la partecipazione attiva di tutti gli attori del terzo settore. Un grande lavoro interno e di autocritica che, mi auguro sinceramente, produca una Riforma che metta ordine al caos attuale, stia al passo con i tempi e sia la premessa per un futuro di opportunità per nuove imprese in un sistema di welfare differente. Ce lo auguriamo tutti ma sarà effettivamente così? Le indiscrezioni di fondo indicano insoddisfazione e qualche perplessità. Il dialogo con il Terzo Settore deve quindi proseguire parallelamente all’iter. Noi ci siamo.