Passione, voglia di fare del bene e competitività. Queste le chiavi con cui Franz e Ippolito hanno affrontato la New York City Marathon.
Come è nata l’idea di vivere questa avventura insieme
Emergency International è stato il collante che ha unito 4 appassionati di running nella preparazione della New York City Marathon. L'organizzazione non profit per cui Franz ha corso diverse altre maratone lo ha coinvolto anche in questa tappa negli Stati Uniti. Ma è stato Franz a prendere la decisione più importante: allargare il giro, coinvolgere una specie di guru della NYC Marathon, Ippolito, alla sesta presenza, che, a sua volta, ha inserito Alessandro Bertani (Emergency) e Matteo Caccia (Radio 2). Tutti insieme per una raccolta solidale volta ad aiutare le famiglie bisognose in Iraq. Uniti e all’insegna del numero 26: “26 weeks and 26 miles”, 26 settimane e 26 miglia.
Personal Fundraising: correre non solo per se stessi
Due percorsi diversi hanno portato questi due runner solidali a preparare una delle maratone più importanti del pianeta. Ippolito, alla prima esperienza da personal fundraiser, alla fine ha dovuto rinunciare a correre a causa di una tendinite: “dover riconsegnare il pettorale senza aver corso mi ha lasciato con l’amaro in bocca. Mi è sembrato di disattendere le aspettative di chi aveva creduto in me. Dico la verità, ho sentito e ho capito la responsabilità del fundraiser, non ero lì solo per me stesso!”
Franz invece ha corso ed è rimasto affascinato da come la città viva e accolga questa manifestazione sportiva: “percorrendo i 5 quartieri che la maratona attraversa, ho potuto apprezzare le diversità architettoniche e culturali che distinguono questi distretti. Il tifo del Bronx è senza dubbio diverso da quello di Central Park!”
“Correre è un po' egoistico, unirlo alla raccolta fondi lo rende altruista”
Portare a termine la gara e fare bene diventa quasi una missione per ringraziare chi ha creduto nel nella nostra raccolta fondi. Franz e Ippolito hanno condiviso questo aspetto dell’esperienza. “Fare qualcosa che fa star bene dà la possibilità di fare del bene anche agli altri. E questo non ha prezzo.” dice Franz. Il suo compagno di avventura interpreta questa sfida anche come una forma di gratitudine e restituzione: “Preparare una maratona e allenarsi in un certo senso è una forma di egoismo; toglie tempo alla famiglia e agli amici. Unirlo alla raccolta fondi dà un senso al tempo dedicato e ti responsabilizza.”
Il fundraising all’estero
Se in Italia queste raccolte fondi personali sono solo agli inizi, all'estero è tutta un'altra cosa, specie in America. La cultura del dono è stata assimilata dal mondo anglosassone tanto che partecipare a eventi sportivi senza abbinarci una raccolta fondi è quasi strano. L’impatto con la realtà degli Stati Uniti ha mostrato a entrambi quanto ancora ci sia da fare nel nostro Paese. “Personaggi come noi in America o in Inghilterra avrebbero raccolto 4/5 volte più di quello che stiamo facendo” - dice Ippolito - “ma siamo orgogliosi della risposta che le persone ci hanno dato”.
Una sfida tra runner a chi raccoglie di più
Nessun dubbio: il fatto di aver cominciato la raccolta come una sorta di gara a quattro ha fatto nascere una sana competizione che li ha spinti a fare sempre qualcosa di più dell’altro. Il raggiungimento di micro-obiettivi (ad es. superare il proprio amico nella graduatoria, raggiungere 1000€ di raccolta) è stata una motivazione fortissima che consigliano a tutti i fundraiser di utilizzare. L’obiettivo finale di 15000€ è ancora lì, da cogliere! Siamo sicuri che questi runner solidali venderanno cara la pelle per vincere anche questa sfida.
La raccolta è ancora aperta. Scegli quale runner solidale sostenere! https://www.retedeldono.it/it/