Nepal, a un mese dal terremoto è ancora emergenza. Le 7 organizzazioni non governative italiane presenti nel paese parlano di un territorio squarciato e in estrema difficoltà: oltre 8mila vittime e quasi 500mila case distrutte, che si vanno a sommare a una situazione già in partenza di estrema disuguaglianza.

Nonostante il parziale black-out dei media occidentali, che per qualche giorno hanno dato l’impressione di snobbare la questione, ultimamente il Nepal ha ricominciato a far parlare di sé. Le scosse di assestamento continuano e, sebbene meno intense del terremoto che ha squassato il paese, rendono difficile la ricostruzione. La minaccia delle piogge monsoniche si sta avvicinando e la situazione di estrema povertà in cui versa la popolazione ha incancrenito vecchie piaghe mai completamente debellate, tra cui il traffico di esseri umani e lo sfruttamento sessuale dei minori.

Una delle realtà da sempre in prima linea a Kathmandu è Apeiron Onlus, che lotta per porre fine allo sfruttamento degli “spaccapietre”, veri e propri schiavi moderni. Abbiamo intervistato Barbara Monachesi, da anni referente locale della Onlus per capire da lei cosa sta succedendo.

Ciao e innanzitutto grazie per la disponibilità. Inizierei chiedendoti di spiegare ai nostri lettori qual è la situazione in Nepal dopo il terremoto.

C’è molta distruzione, fuori e dentro Kathmandu. I luoghi storico-artistici sono devastati. Ci sono molti campi di sfollati ed il rischio di epidemie incombe. La seconda scossa ha poi anche lasciato tantissima paura. Nessuno vuole più rientrare in casa. Le scuole sono chiuse fino a data da destinarsi. Da qui anche la mia decisione di rientrare con le bambine in Italia per un paio di mesi.
La terra continua a tremare, si è tutti nervosi.

La macchina degli aiuti internazionali si è messa in moto, anche se ci sono non poche criticità nel soccorrere la popolazione locale. Quali sono i problemi più pressanti e di cosa c’è bisogno?

Alcuni luoghi sono irraggiungibili se non in elicottero. Nelle campagne il cibo sembra non essere un grosso problema, mentre cure mediche stentano ad arrivare. Anche gli shelter temporanei sono una sfida. A quanto ci è dato capire sembra che sia più problematica la città della campagna.

Altra grossa sfida è il coordinamento degli aiuti. Il governo ci sta provando, ma le lacune di sempre non sono certo scomparse per via dell’emergenza, e anche tra le organizzazioni internazionali non c’è sempre grande cooperazione.

Apeiron Onlus è attiva in Nepal da molto tempo. Quali sono le vostre attività sul territorio e come sono cambiate dopo il sisma?

Due dei 4 distretti in cui lavoravamo sono stati gravemente colpiti. Al momento ci siamo concentrati su distribuzione viveri e kit speciali per donne incinte che debbano partorire tra massimo 45 giorni e neo mamme. Dentro ci sono indumenti caldi e cibo nutriente.

Ci sono canali attraverso cui farvi pervenire aiuti? Quali?

Spedirci materiale è troppo complicato e costoso. A chi vuole contribuire chiediamo di fare una donazione sul nostro conto corrente. Ogni contributo, benché minimo, rappresenta un grande aiuto per la popolazione locale. Se ognuno fa la sua parte, possiamo fare la differenza per queste persone così provate dalla violenza delle calamità naturali da cui costantemente sono colpite.