Nadia e Francesca sono due #Pink. Per molti basta la parola: sono donne scelte da Fondazione Umberto Veronesi come testimonial del progetto Pink is Good, per sensibilizzare sull’importanza della ricerca e della prevenzione del tumore al seno. Tutte le Pink coinvolte hanno vissuto in prima persona la malattia e hanno superato lo scoglio con grinta e determinazione. Per dimostrare che ce la si può fare e che, anzi, si torna a vivere più forti di prima, le Pink hanno corso quest’anno la mezza Maratona di Valencia. Tutte si sono anche attivate in prima persona, lanciando una campagna di raccolta fondi personale per sostenere il lavoro di un ricercatore.
Nadia e Francesca sono le TOP Fundraiser, ovvero quelle che più si sono prodigate e hanno raccolto donazione promuovendo la propria iniziativa e invitando parenti e amici a donare.
A tu per tu con Nadia Sabatino
Mi chiamo Nadia, ho 33 anni e vivo nella provincia di Como. Mi sono ammalata a 31 anni, nel giro di un mese sono stata operata e ho cominciato le cure.
Com’è stata la tua prima esperienza di raccolta fondi?
Lo scorso anno lessi del progetto #Pinkisgood a New York e, durante le cure, cominciai a correre o meglio a camminare veloce.
E così in occasione di Milano Marathon 2015, partecipai alla staffetta e lanciai la mia prima campagna di raccolta fondi personale. In quell’occasione raccolsi circa 800 euro. È stata un’esperienza elettrizzante che mi ha permesso di coinvolgere tante persone, così quest’anno ho deciso di organizzare nel mio paese una piccola corsa di 5km che mi ha permesso di arricchire la mia raccolta fondi per Valencia Half Marathon.
Come avete affrontato questa esperienza e che cosa vi ha lasciato?
Quest’esperienza mi ha dato la forza e il coraggio per affrontare il percorso della malattia in modo positivo e proattivo. Il fatto di espormi in prima persona mi ha permesso e costretto ad affrontare a testa alta la malattia e a non chiudermi o mascherarmi dietro inutili pudori. E’ importante non aver paura e avere il coraggio di sensibilizzare gli altri alla causa, coinvolgerli. Non solo, il personal fundraising mi ha dato l’opportunità di riattivare contatti e amicizie e di avvicinarmi in modo diverso e nuovo a persone che non sentivo da tempo. Fare del bene fa bene, in primis a me che ci ho messo la faccia ma anche a chi mi ha sostenuto.
E’ un esperienza che arricchisce perché ti dimostra quanto gli altri siano disponibili e desiderosi di aiutarti, basta chiedere!
A tu per tu con Francesca Gelmini
Mi chiamo Francesca, ho 49 anni e sono di Bergamo. Quando mi ammalai nel dicembre 2004, avevo un bambino di 4 anni e una bambina di 9 mesi che allattavo. I figli sono stati la mia salvezza e mi hanno dato l’opportunità di vivere una vita normale, nonostante la malattia.
Questa è la tua prima esperienza di personal fundraising. Com’è andata?
Ad aprile 2015, mia sorella che mi ha segnalato un articolo del Corriere della Sera in cui si parlava del progetto #Pinkisgood. Non conoscevo il progetto ma essendo una vera e propria amante della corsa mi sono buttata a capofitto.
Volevo poter essere di aiuto alle altre donne e testimoniare che se ci credi, ce la puoi fare, che il tempo, le energie e le risorse si trovano per combattere quello che la vita ti ha messo davanti. E quando lo fai, non sei più la stessa, sei una persona diversa, migliore.
Come hai affrontato questa esperienza e che cosa vi ha lasciato
All’inizio molto preoccupata, non conoscevo questo strumento e non pensavo di esserne capace. Invece, anche grazie a voi, l’ho trovato di facile utilizzo e molto comodo. Mi sono resa conto che, raccontando la mia storia, tutti mi chiedevano se potevano contribuire.
I messaggi che hanno accompagnato le varie donazioni mi hanno davvero emozionata. Ho ricevuto donazioni anche di cifre piccole, ma tantissime e questo ha fatto la differenza. No solo, ho notato che le persone donavano per me, perla fiducia che riponevano no in me. E’ come se mi dicessero: “Io dono perché credo in te”.
I 50 euro dei miei figli valgono quanto un milione di altri.
Quest’esperienza mi ha rafforzato nella consapevolezza che donare per una buona causa ha più valore che ricevere, ti rende fiera e felice.
Per questo continuerò a farlo e a invitare gli altri a donare per cause in cui io credo.