Tornare alla montagna, alle proprie radici, per riscoprire l’amore per il ciclismo. La storia di Emiliano Cantagallo, Personal Fundraiser di Granfondo Campagnolo Roma a sostegno di Agop Onlus è un percorso a tornanti che ha saputo coniugare le due ruote e l’amore per la natura.
Lontano dal clamore della grande città, ha deciso di cimentarsi nella gara del prossimo 11 ottobre grazie all’impulso della sfida solidale. Lui che non ama la competitività, cui preferisce decisamente il piacere di stare assieme e pedalare tra amici, inizia la nostra intervista dicendo: “E’ stato il Fundraising a spingermi a correre la Granfondo Roma”. Ecco la sua storia.

Emiliano, parlaci del tuo rapporto con la bicicletta.
Io lavoro nell’ambito del ciclismo. Al momento sono gestore di Pendenze Pericolose, la prima stazione ciclistica in Italia, situata sul monte Zoncolan, cima che i ciclisti conoscono bene. Il rapporto con le due ruote è cambiato nel tempo: non faccio più gare, anche se ogni anno percorro 25mila chilometri in bicicletta. Non gareggio perché, pur avendo i numeri per fare bene, preferisco la montagna e i suoi spazi.

Eppure qualcosa è cambiato..
Sì, ho deciso di tornare in pista quando ho saputo che la Granfondo Roma è diventata una corsa solidale, e anche per tornare nella mia Roma, godendomi la possibilità di pedalare con i miei amici. Perché è questo lo spirito con cui affronterò la corsa.

E del Fundraising cosa ci puoi dire?
Che spesso se ne parla male, nel senso che poi le persone si fanno un’idea sbagliata, come se si trattasse di qualcosa di difficile da fare. E invece non è così. Poi, per tornare alla Granfondo Roma, alcuni si sono chiesti come mai dovrebbero “pagare” un pettorale 250 Euro tramite le donazioni. Il concetto è sbagliato: la sfida solidale di Granfondo Roma in quanto competizione che coniuga sport e solidarietà è chiarissima; arrivare alla cifra richiesta tramite le donazioni di amici e conoscenti e in questo modo potersi meritare il pettorale. Io ci sono riuscito perché molti hanno creduto in me. Hanno fatto la loro donazione e abbiamo vinto questa sfida tutti assieme.

Come mai ha scelto Agop?
A 18 anni ho perso mio padre, ex ciclista, di tumore. In seguito, per molti anni, non ho voluto saperne nulla di bicicletta e ciclismo. Nel 2011 ho promesso a mia madre, che sarebbe mancata di lì a poco, di riprendere in mano la bicicletta di mio padre e correre. Ed eccomi qui.
Quando ho visto che la Granfondo di Roma aveva un proprio charity program ho deciso di iscrivermi. Una volta aperta la pagina di raccolta su Rete del Dono, ho scritto su WhatsApp a una cinquantina di amici e, più o meno, ho detto loro: “Se credete in me, donate”.

Quali sono gli elementi che hanno decretato il successo della tua raccolta?
L’atteggiamento. Per fare bene Fundraising secondo me bisogna essere un uomo nella vita. E poi, se il progetto è chiaro, basta incontrare altre persone che capiscono la vita e di sicuro doneranno. Spendiamo tanti soldi per niente, almeno una volta possiamo fare molto con poco. Infine, vorrei sottolineare il tema della trasparenza: conosco Gianluca Santilli da tempo, ed è una persona degna della miglior fiducia. Al momento di iscrivermi, poi, ho telefonato al Policlinico Gemelli per avere informazioni su Agop, che è una Onlus serissima.

Serietà, trasparenza, impegno. Sono gli elementi che caratterizzano da vicino Granfondo Roma, la più grande manifestazione ciclistica solidale d’Italia. Il conto alla rovescia verso l’11 ottobre è iniziato.