Si dice che dopo l’emergenza Coronavirus il mondo non sarà più lo stesso. Di sicuro sarà radicalmente diverso il rapporto tra gli italiani e il crowdfunding: un amore che per anni, a differenza del mondo anglosassone, da noi faceva fatica a sbocciare, ma che adesso è pronto a regalare grandi emozioni. Ma cosa resterà di questa cotta primaverile? Food for thought per noi fundraiser.

La potenza degli influencer

In principio fu la campagna lanciata da Chiara Ferragni e Fedez per l’Ospedale San Raffaele di Milano, capace di raccogliere oltre 3 milioni di euro in 24 ore. Dopo la loro donazione iniziale di 100mila euro, la raccolta fondi si è diffusa in modo virale e ad oggi ha coinvolto quasi 200mila persone superando i 4 milioni e 200 mila euro.

Sfidiamo chiunque a dire che a questo successo non abbiano contribuito i 19 milioni di follower su Instagram della Ferragni, l’esposizione mediatica della coppia e la sua notorietà internazionale (sono arrivate donazioni da quasi 100 Paesi del mondo). È stato un fattore, ma è stato quello chiave?

Cogliere l’emergenza

Essere famosi non basta: ce lo avevano dimostrato proprio i Ferragnez quando la raccolta fondi in occasione del loro matrimonio si era rivelata un flop. In quell’occasione, tanti avevamo obiettato che in realtà non fossero particolarmente autorevoli presso i loro fan. In fondo, però, per il successo di una raccolta fondi basta azzeccare un solo fattore e loro lo hanno fatto: la tua audience. Sono riusciti a catturare il sentimento di sgomento e paura di tutti gli italiani, in primis, e a cascata del mondo intero.

L’emergenza Coronavirus per l’Italia è un po’ come l’incendio di Notre Dame per la Francia, un evento scioccante che spinge tutti, di ogni estrazione sociale, a voler fare qualcosa di concreto. Di fronte a questa urgenza percepita, nessuno si è posto l’altro grande problema che affligge i fundraiser e che sembra sempre decisivo presso i donatori: l’affidabilità e la trasparenza. È stato infatti irrilevante, li garantivano Chiara e Fedez.

Il movimento dal basso

Anche noi ci siamo attivati e  stiamo ogni giorno attivando nuove campagne di raccolta fondi per far fronte all’emergenza coronavirus. Organizzazioni non profit (come Croce Rossa) e Ospedali (Policlinico d Milano, Ospedale Sacco, Ospedale di Piacenza) hanno attivato una loro raccolta e la cittadinanza si e’ avvicinata a Rete del Dono per donare in sicurezza e per avere garanzia della detraibilità fiscale della propria donazione. Anche il mondo corporate si sta muovendo bene non solo per fare la classica “grande donazione” aziendale ma per coinvolgere i propri dipendenti e invitarli a donare per ospedali o enti di pubblica assistenza. Come Rete del Dono offriamo alle aziende la possibilità di scegliere uno dei tanti progetti attivi sul territorio e di lanciare una propria campagna di crowdfunding. Belle le campagne promosse da Borsa Italiana, Fondazione Ernst & Young e VC Hub. Dimostrano ancora una volta quanto l’impegno aziendale possa essere concreto e fungere da vero e proprio apripista. Con il nuovo decreto legge, le aziende possono anche godere della piena deducibilità dell’importo che donano. Anche i singoli individui posso beneficiare delle nuove facilitazioni e dedurre il 30% fino a 30mila euro di donazione.

Localismo e tempismo

Zero pianificazione, eppure funzionano: perché? Per prima cosa, il localismo: le persone, personal fundraiser o donatori, nel “copiare” l’iniziativa di Ferragni e Fedez hanno trovato la chiave giusta e si sono indirizzati naturalmente verso il loro territorio. Le comunità, anche sulle piattaforme virtuali, si sono ritrovate così attorno a un proprio luogo di riferimento. Secondo, il tempismo: non solo essere stati veloci, istintivi, i primi che hanno pensato a questo o quell’ospedale, ma anche aver colto l’attimo. L’attenzione mediatica e delle persone, adesso, è tutta lì. Due settimane fa sarebbe stato troppo presto, tra due settimane, forse sarebbe stato troppo tardi.

Cosa resterà di questo Coronavirus

Qualche spunto di riflessione per il futuro:

  • L’emergenza muove le masse, ma dobbiamo farci trovare pronti: gli ospedali, più pubblici che privati, si sono dimostrati impreparati e senza strumenti per attivare o anche solo gestire queste raccolte fondi. Ora stanno giovando di questa emergenza straordinaria, ma come mettere a sistema al meglio questa grande opportunità?
  • I personal fundraiser, in quanto in primis donatori, “sentono” l’emergenza per primi, più di chi ci lavora.
  • I donatori online ci sono eccome: date loro un pretesto per fare la differenza e risponderanno "presente".