Nell’era della disintermediazione, come continuare ad attivare e coinvolgere i propri sostenitori? È la grande domanda che si pongono tutte le organizzazioni non profit: gli strumenti digitali sono potenti sì, ma rischiano di sfilacciare le relazioni con donatori e volontari se usati come semplici amplificatori del proprio messaggio.
Al Festival del Fundraising 2021 una risposta ho provato a darla: il Personal Fundraising, che non può più reggersi solo sullo spontaneismo dei sostenitori ma che ha bisogno di un ruolo sempre più centrale da parte delle Onp per la sua implementazione.
I nuovi trend del Personal Fundraising
Oggi le iniziative di Personal Fundraising sono in calo rispetto alle classiche campagne di Crowdfunding: se infatti nel 2019 erano in prevalenza con il 64%, nel 2021 si attestano sul 36%. A impattare su questi numeri è stata sicuramente la pandemia con l’interruzione dei classici eventi sportivi in presenza, che nel 2019 rappresentavano addirittura il 93% di tutte le campagne di PF.
Il post Covid ha restituito un quadro del Personal Fundraising molto diverso: se da un lato, dopo il boom del 2020, le campagne spontanee sono in calo, dall’altro l’iniziativa dei Ferragnez, la riscoperta della cittadinanza attiva e lo sviluppo del digital hanno contribuito a diversificare molto le occasioni di raccolta (nel 2021 sono 29% sport, 12% feste, 59% altro). Entrambi i segnali parlano della maturazione di uno strumento piuttosto recente in Italia che, dopo l’effetto novità, si sta riconfigurando assumendo tre nuove forme, in prevalenza guidate dalle Onp:
il Personal Fundraising di prossimità (legato a emergenze, persone in difficoltà e scuola);
gli eventi di piazza trasformati in online;
le virtual race che, strutturate o spontanee, possono svolgersi ovunque.
1. Coinvolgimento
Come attivare dunque i propri sostenitori in campagne di Personal Fundraising ai tempi della disintermediazione? La prima parola chiave è coinvolgimento: coinvolgere connette le persone tra loro e alla causa; aumenta il senso di appartenenza all’organizzazione; e motiva all’azione, a metterci la faccia in prima persona.
2. Cura della relazione
L’altro focal point è curare la relazione con i propri Personal Fundraiser e donatori. Nel corso di una campagna vuol dire sostenere (con stimoli, suggerimenti, affiancamento, assistenza); valorizzare (con social recognition e momenti dedicati ai Personal Fundraising); e aggiornare la community (su attività, dati, traguardi). Alla fine della raccolta, l’aggiornamento diventa rendicontazione e racconto dell’impatto sociale dell’iniziativa.
3. Comunità
Tutte queste azioni richiedono un funnel dedicato simile a quello necessario per i major donor e hanno bisogno di tempo, attenzione alle relazioni e risorse in termini sia di personale che di investimenti. Questo è l’unico modo per creare una comunità attorno alla propria organizzazione, per rendere vivo quello che rischia altrimenti di rimanere un freddo database.
Cosa posso fare per i miei Personal Fundraiser?
Per centrare questi tre keypoint consiglio di fare così:
- Raccontarmi: far conoscere i propri progetti e - perché no? - i propri operatori.
- Condividere e coprogettare: valorizzarli e ascoltare la loro voce aiuta a definire meglio il progetto e a valutarne la reale importanza per la propria community.
- Conoscerli.
- Attivare canali di comunicazione di tipo bidirezionale: da gruppi Whatsapp a pagine Facebook, il digitale viene in aiuto.