Tanto digitale, ma anche tanta vicinanza con i propri sostenitori e il proprio territorio. Ieri, 6 maggio, in diretta Facebook abbiamo discusso con i nostri partner di Ubi Banca e alcuni tra i principali esperti nazionali per fare il punto su uno dei problemi più sentiti del momento:
- Come può il mondo della cultura sopravvivere e anzi vivere in questa Fase 2 del Coronavirus?
- Come fare fundraising in questo periodo difficile?
Abbiamo visto che quasi tutte le donazioni nel momento di picco dell'emergenza sono andate a ospedali e progetti sanitari. Adesso bisogna provare a richiamare l'attenzione anche su altre realtà, quanto mai importanti per il tessuto sociale italiano.
Il settore della cultura riveste un peso importante nell'economia del nostro Paese; il 7% delle imprese italiane creano il 17% circa del valore aggiunto nazionale; più di 3 organizzazioni non profit su 5 operano nei settori cultura, sport e ricreazione. Guido Cisternino, responsabile Terzo Settore ed Economia Civile di UBI Banca nella sua introduzione ha raccontato inoltre come a questo mondo sia attribuibile un moltiplicatore di 1,8; alcune ricerche accreditate stimano infatti che per ogni euro prodotto dalla cultura se ne attivano 1,8 in altri settori.
"Non è solo questione economica; la cultura appresenta un importante driver anche per l'inclusione sociale e lo sviluppo della società civile e dei territori, risultando decisivo per attivare percorsi di innovazione sociale e nuove forme di welfare culturale”. UBI Banca punta ad attivare partnership per sostenere lo sviluppo locale e le comunità, sostenere iniziative che aiutino le realtà culturali a sperimentare nuove modalità di coinvolgimento delle comunità e di raccolta fondi: “una di queste è il crowdfunding, e la partnership con Rete del Dono per il Premio Cultura va in questa direzione, stimolare nuove competenze digitali e nuove modalità di fruizione della cultura attraverso anche i canali digitali e nuove tecnologie di comunicazione, per rispondere al bisogno di cultura della popolazione, a maggior ragione nel contesto emergenziale e post lockdown”.
Da inizio di Marzo, tutte le attività culturali sono chiuse, il che vuol dire che i lavoratori sono a casa. “Questo ha spinto a una crescita digitale rapidissima, fino all'anno scorso il digitale era vissuto come un obbligo, come dimostrano le ricerche dell'Osservatorio del Politecnico di Milano – racconta Marianna Martinoni di Terzofilo – dalle prime rilevazioni si è riscoperto il web, un aumento dei canali social, apertura di profili”. Si sono aperte campagne di sensibilizzazione, è stato un test per chi aveva già costruito una community. “Sono partiti tour virtuali, passeggiate col direttore, digital concert hall, storytelling con veri contenuti pensati per queste modalità. C'è chi ha invitato gli iscritti a raccontare cosa li lega, le loro storie, chi ha raccontato aneddoti”.
A livello di fundraising, molti si sono fermati per non sprecare gli sforzi.
Alcuni hanno scelto di impegnarsi per ospedali o Protezione Civile, come la Fenice o il Museo di Capodimonte. Chi aveva iniziato a usare gli strumenti di raccolta fondi, li ha spinti. “Ci sono anche timide campagne di crowdfunding, ma siamo ancora all'inizio. In Gran Bretagna le organizzazioni culturali sono partite subito con forza. In Italia hanno timore, si sono tutti mossi per chiedere aiuti pubblici, ma non ai cittadini. Bisogna cambiare mentalità e anche modalità di raccontarsi: non siamo solo organizzazioni per il tempo libero, ma di impatto sociale”.
In Italia il settore culturale sarà l'ultimo a riaprire, secondo le parole del governo. “Le realtà piccole sfuggono pure alle analisi – spiega Simona Martini di Fondazione Fitzcarraldo – oggi c'è voglia di condivisione sulle sfide, per capire insieme come uscire dalla situazione. I più coraggiosi hanno proposto formati nuovi per tenere il rapporto con bambini, adolescenti o amici”. Chi si è messo a disposizione della propria comunità, soprattutto territoriale, sta muovendo passi interessanti: “I grandi privati hanno diretto i loro impegni verso gli ospedali. Ma le realtà culturali più sveglie sono andate a bussare alle imprese tecnologiche. Se c'è una potenzialità, è che la forte fragilità possa essere superata unendo le competenze tecniche con le competenze strategiche, pensando con una visione a medio e lungo termine, non solo breve”.
Durante l'incontro, Riccardo Tramezzani, Responsabile UBI Comunità, e Valeria Vitali, fondatrice di Rete del Dono, hanno premiato i vincitori del Premio Cultura 2019. Tre le non profit che in crowdfunding hanno raggiunto i migliori risultati di raccolta, tutte sopra gli 11mila euro in pochi mesi, si sono aggiudicate ben 3000 euro in più.
La Giovane Orchestra Genovese ha raggiunto ben 12.297 euro per un ciclo di concerti dedicati a Beethoven, con uno scopo sociale: i concerti sono gratuiti. “Siamo arrivati a 81 donatori, oltre 50 completamente nuovi. Ci hanno addirittura ringraziato – racconta Maria Gallo – per far crescere la raccolta ci siamo strutturati e abbiamo pensato a una strategia di comunicazione e di movimento, online e offline. Il crowdfunding ci ha permesso di allargare la community”.
La cooperativa sociale Arti e Mestieri sociali ha deciso di aprire un progetto di raccolta culturale per un centro disabili, per realizzare dei libri in comunicazione aumentativa alternativa, che rende accessibile la lettura a chi non potrebbe accedervi: “La nostra è stata una attività di raccolta territoriale, abbiamo coinvolto il sindaco, che ha rilanciato il messaggio, la biblioteca, le scuole, con cui già lavoravamo con i nostri servizi – spiega Massimiliano Mistretta – questo ha promosso fiducia nel progetto e dato slancio. Inoltre l'avevamo integrata al Natale solidale, con un miele in esclusiva; insomma, in tanti ci hanno messo la faccia e ora i donatori riceveranno il primo libro, o cartaceo o digitale”. Un'importante operazione di network sul territorio che ha facilitato il coinvolgimento della community, rendendola protagonista.
Infine la Fondazione Canova, che si era imposta l'obiettivo di rendere il Museo Canova un museo interattivo, superando le barriere architettoniche per disabili e bambini. I donatori sono volati a 127, un successo meritato. Il Museo sta subendo il lockdown, che ha costretto alla chiusura. Ma sono passate online le relazioni tipiche dei laboratori didattici o le visite col direttore. Il tour virtuale già c'era, le opportunità però si sono allargate grazie anche agli amici del Canova “che hanno raccontato con i video da casa le loro esperienze col museo – racconta Laura Casarsa – poi ci sono state iniziative per grandi e bambini, con disegni da colorare a distanza, storie e workshop. Erano progetti mantenuti nel cassetto, che hanno avuto un successo e che ci porteranno a riflettere su come integrarli nella comunicazione”.
Il futuro non è chiarissimo per il mondo della cultura e le sfide saranno tante, alcune gigantesche. Ma sicuramente sono nate nuove occasioni di sviluppo: “Il Premio Rete del Dono nasce per promuovere la trasformazione digitale, perché crediamo fortemente che le competenze digitali siano abilitanti quanto la diffusione della cultura del fundraising” spiega Valeria Vitali. Nostro proposito è continuare a fare rete, migliorare e offrire sempre più opportunità di crescita e network per tutte le organizzazioni partecipanti. A tal fine stiamo già lavorando al lancio della IV edizione che sarà arricchita da un ciclo di 4 webinar su tematiche specifiche, grazie al contributo di importanti esperti di settore. Il ciclo di webinar partirà il 21 maggio e presto condivideremo il calendario”. Per maggiori informazioni basta scrivere a cultura@retedeldono.it.