Dall’organizzazione del lavoro ai consumi, fino alla sostenibilità ambientale: il mondo dopo il Covid-19 non sarà più come prima. E forse nemmeno la CSR dice Manuela Kron, direttrice Corporate Affairs di Nestlé Italia. L’azienda ha donato 250mila euro e lanciato una raccolta fondi su Rete del Dono in favore di Croce Rossa Italiana. La loro collaborazione, però, non si limita alla campagna di crowdfunding.


Dal global al local: la campagna di crowdfunding su Rete del Dono

“Quando ci sono emergenze come queste, la prima cosa che ti chiedi come azienda e come cittadino è ‘cosa posso fare?’ Noi normalmente interveniamo subito donando i nostri prodotti, soprattutto acqua (penso a alluvioni o terremoti). In questo caso però il problema richiedeva una risposta più articolata: la nostra corporate in breve tempo ha deciso la partnership con la Croce Rossa su scala mondiale. Ha donato 10 milioni di Franchi Svizzeri e prodotti e ha sollecitato le varie sedi nazionali a muoversi in questa stessa direzione”. È nata così la campagna di crowdfunding, che sta coinvolgendo sia i dipendenti sia i territori italiani cui Nestlé è legata con i suoi 10 stabilimenti: “Abbiamo promosso la raccolta fondi su sito e social aziendali e con una campagna sulle diverse testate locali; internamente i messaggi del nostro Amministratore delegato hanno raggiunto tutti i 5000 dipendenti”. I lavoratori si sono mossi in prima persona, prima con donazioni, poi rilanciando il messaggio sulle loro reti di amici. A forza di piccole donazioni, il contatore è arrivato a 16mila euro, con tanti messaggi di incitamento per il personale della Croce Rossa Italiana.


Il dono nobilita il lavoro

In passato è stata molto utilizzata la donazione di ore di lavoro, ovvero la devoluzione della paga giornaliera: “Non è certo la formula più comoda, ma è la più gratificante perché le persone vedono tramutare il loro impegno in un aiuto concreto. In questa emergenza, invece, per poter far arrivare i prodotti che servivano a chi ne aveva bisogno, sono davvero tanti quelli che hanno passato le serate dopo il lavoro a caricare camion e fare bolle per spedire i nostri prodotti”. La donazione di prodotto per l’azienda è visibilità, per i dipendenti motivo di orgoglio. “Quest’anno la consueta donazione di nostre uova di Pasqua da parte della Polizia Postale ha avuto un’eco mediatica inattesa. È sempre emozionante vedere concretizzati i propri sforzi anche solo con una foto taggata su Facebook. Abbiamo poi mandato negli ospedali macchinette del caffè e cioccolatini per coccolare il personale sanitario in prima linea. È stato commovente leggere i messaggi di tanti medici, che ci ringraziavano per non averli dimenticati”.


Una CSR bottom-up

Come mai è stato così facile coinvolgere i dipendenti? Semplicemente perché “Non abbiamo dovuto farlo: in Nestlé non è l’azienda che stimola le persone, sono le persone che stimolano l’azienda. Ogni volta che ci troviamo di fronte a emergenze simili, i nostri dipendenti ci chiedono cosa possiamo fare. Ci chiedono di poter fare, di dire loro come potersi mettere a disposizione anche dentro gli stabilimenti e non solo nelle proprie scelte private. E a volte ci suggeriscono alcune modalità, in una dinamica bottom-up in cui non dobbiamo fare altro che accogliere le loro proposte. Come era capitato per il terremoto in Abruzzo o per quello in Umbria, in seguito al quale avevamo aiutato il paese di Castelluccio di Norcia, vicino allo stabilimento della Perugina”. Buona parte dei dipendenti, insomma, vuole vedere un’azienda attiva, in prima linea in misura proporzionata alle proprie possibilità.


Una base solida: il volontariato aziendale

Non è un caso che in azienda ci si riferisca ai dipendenti definendoli ‘cittadini del mondo Nestlé’: cittadini innanzitutto, che appartengono a una comunità più grande dell’azienda e di cui vogliono essere membri attivi. La sua community di volontariato aziendale infatti è molto numerosa: “Solo nel milanese conta oltre 100 persone, che svolgono attività di servizio come la distribuzione dei pasti ai più bisognosi presso il Refettorio Ambrosiano e l’Opera San Francesco; che formano squadre per iniziative benefiche come la Milano Marathon; che portano avanti la nostra collaborazione con il Banco Alimentare partecipando ogni anno alla giornata di Colletta Alimentare”. E anche la collaborazione con CRI si sta ampliando con un progetto di volontariato temporaneo: “Durante i mesi di giugno e luglio le nostre persone potranno mettere a disposizione il proprio know how per supportare le attività logistiche e di back office e fare formazione e consulenza al personale di CRI”.


Una CSR in co-creation

La CSR di Nestlé si basa sui 3 pilastri più connessi alle attività aziendali; non può però fare a meno dell’apporto dei dipendenti: “Il progetto di nutrizione Nestlé for Healthier Kids, area ‘Individui e famiglie’, vive dei contributi dei colleghi che mostrano come i propri figli utilizzino il Nutripiatto; ‘Le nostre comunità’, con il progetto di alternanza scuola-lavoro Nestlé Needs YOUth, suscita disponibilità ed entusiasmo in chi va a condividere le proprie competenze con gli studenti; per il pilastro ‘Pianeta’, il Nestlé Plastic Commitment registra sempre grande partecipazione al Clean Up Day in spiagge e parchi”. Si tratta di un approccio che mischia top-down e bottom-up, in una dinamica di co-creazione che non cala le proprie politiche sulla testa dei dipendenti. “Consiglio di agire in ambiti che la vostra azienda conosce e che sono rilevanti per consumatori e dipendenti: il segreto dunque è ascoltare il territorio, per cogliere le aspettative della società nei vostri confronti”.