Questo è quanto è emerso con forza nel corso del convegno “La solidarietà al tempo del coronavirus”, che ho avuto il piacere di moderare in occasione de Il Salone della CSR e dell’innovazione sociale, un bel momento di confronto e condivisione con le aziende che credono in questi valori e contribuiscono in modo concreto e fattivo a diffondere e sviluppare la cultura della responsabilità sociale d’impresa.
Quest’anno la lente di ingrandimento si è posata sull’emergenza coronavirus e insieme abbiamo tentato di fare chiarezza e tratteggiare quanto emerso durante il lockdown.
Dono, attivismo e territorialità
Dopo un iniziale momento di sconforto, l’emergenza sanitaria ha fagocitato l’attenzione di tutti. Si è riscoperto il grande valore del dono, dono come espressione non solo di solidarietà ma anche di unione e umanità. Gli under 40 hanno contribuito al dono in modo importante, su Rete del Dono sono cresciuti in percentuale arrivando al 36% (erano il 27% dei donatori). Anche i baby boomer sono cresciuti arrivando al 25% (erano 23%) dimostrando, tra l’altro, che il digitale non è più una barriera.
Interessante il fenomeno della disintermediazione. Ogni singolo individuo ha avvertito il bisogno e il desiderio di aiutare chi era in difficoltà. La reazione più naturale e rapida è stata quella di attivarsi in piena autonomia, attivando una propria raccolta fondi, in alcuni casi addirittura bypassando l’ente destinatario.
La territorialità ha vinto. La maggioranza degli attivisti, aziende incluse, si è adoperata per aiutare e sostenere le realtà presenti sul suo territorio. Le aziende sono state un attore importante che ha contribuito fattivamente, sia donando risorse ma anche mettendo a disposizione le proprie competenze. Interessante evidenziare quanto il loro contributo sia stato profuso sia sul fronte dell’emergenza ma anche per tutelare le fasce più deboli colpite indirettamente dall’emergenza corona virus.
Sostenibilità e Terzo Settore
La sostenibilità si era già fatta largo tra cittadini e consumatori più accorti e informati, il covid ha semplicemente messo luce sulla fragilità del nostro sistema. Ora si tratta di capire – ha dichiarato Chiara Ferrari, Public Affair Leader di Ipsos - chi ne trarrà la lezione auspicata, difficilmente le istituzioni, più probabilmente le aziende che hanno imboccato questa nuova strada. Per l’esattezza circa un terzo delle aziende vede in questo cambiamento una grande opportunità, mentre il 48% segnala che valori e impegno sociale saranno al centro della comunicazione futura.
Il Terzo settore stenta a farsi strada fuori dall’emergenza, mentre avrebbe la possibilità di ricoprire un ruolo di vera leadership quale attore protagonista e driver del cambiamento insieme al mondo imprenditoriale e alle istituzioni.
Il vero banco di prova sarà l’autunno, con una potenziale ripresa del virus e il graduale esaurimento delle misure di protezione sociale attivato dal governo, parliamo di cassa integrazione e blocco dei licenziamenti.
Claudia Schininà, CSR Officer di BNL Gruppo BNP Paribas intravvede un forte cambio di paradigma con un impatto importante su temi quali la finanza sostenibile e il climate change. Alcune istituzioni, come la Commissione Europea, hanno già dato forti segnali in questo senso.
Le aziende con un purpose chiaro, valori forti e ben radicati sono quelle che han meglio risposto all’emergenza covid perché capaci di rispondere in modo tempestivo e concreto ai bisogni della comunità e dei propri dipendenti, ha aggiunto Filippo Nicolò Rodrigues, Head of CSR Enel. Enel ha fatto fronte all’emergenza aiutando gli ospedali ma si è anche impegnata per attivare, unitamente ai propri dipendenti, una campagna di crowdfunding post emergenza a sostegno delle fasce più deboli.
Interessante anche il contributo di Fondazione Mediolanum, attiva sia durante l’emergenza, in aiuto all’ospedale Buzzi, ma anche che nel post emergenza a fianco di Mission Bambini con progetti educativi e di digitalizzazione.
Diverso l’approccio di CNH Industrial che ha deciso di dare un aiuto concreto alle comunità locali ove l’azienda è presente. La logica aziendale – ha aggiunto Annalisa Citterio, Head of Sustainability - è stata quella di agire seguendo purpose e valori aziendali e coinvolgendo direttamente i manager locali e i dipendenti. Di grande valore anche il lavoro svolto dall’azienda per valutare l’impatto dei progetti che portano avanti sul territorio.
Nella stessa direzione si è orientato il Gruppo Hera che oltre a un progetto con la Protezione Civile della task force Hera Solidale, ha creato dei canali di supporto per gli stakeholder in difficoltà in seguito all’emergenza, Hera per i clienti e Hera per fornitori e aziende locali.
Interessante anche la testimonianza dell’unica non profit presente, Cooperativa EVA, un ente non profit nato per dare aiuto e assistenza alle donne vittima di violenza offrendo loro un inserimento lavorativo. Lella Palladini, la fondatrice, ci racconta che durante il periodo del lockdown, la cooperativa ha dato lavoro a donne in difficoltà, impegnandole nella produzione di mascherine destinate alle operatrici dei centri antiviolenza presenti sul territorio italiano.
Uno sguardo al futuro
Tutti i relatori hanno sottolineato quanto l’esperienza drammatica del Covid debba servire come un’occasione per ripensare la società e le aziende possono e devono avere un ruolo di driver in questo processo di cambiamento. La sostenibilità è l’unica via possibile per ripensare il cambiamento e disegnare un futuro possibile. In questo percorso diventa necessario cambiare paradigma e sviluppare delle policy che siano attente all’ambiente e alle fasce deboli, in primis le donne che rischiano di essere le principali vittime delle prossime scelte occupazionali.