La SuisseGas Milano Marathon ha ufficialmente presentato il suo nuovo Charity Program per l'edizione 2015, procedendo spedita verso gli sperimentati modelli internazionali di Londra e New York.
Senza entrare troppo nel dettaglio, la novità più importante è rappresentata dal numero chiuso. Nel 2014 vi hanno preso parte 133 ONP (Organizzazioni Non Profit), ma ora ne saranno ammesse solo 65. Ognuna di loro dovrà decidere quale pacchetto (di staffette e di servizi) preacquistare. Bronze, Silver, Gold, Platinum, in un crescendo di vantaggi e opportunità utili per realizzare il proprio obiettivo che è appunto... Scusate, qual è l'obiettivo?
Noi diamo per scontato che l'ONP sappia esattamente per quale motivo (o per quali motivi) partecipa a un charity program. E invece non è così. Ecco una lista non esaustiva:
- raccogliere fondi
- acquisire visibilità
- ringraziare i sostenitori/donatori più attivi
- posizionare il proprio marchio nel mercato sportivo
- attrarre nuove cerchie di sostenitori attraverso il loro coinvolgimento nella competizione
- affiancare il proprio messaggio (salutismo, p.e.) ad iniziative concrete (la corsa)
- avviare/consolidare una relazione con aziende donatrici (team building e CSR)
Difficilmente l'obiettivo è uno solo, in genere avremo una combinazione dei vari ingredienti. Resta però il problema: il rappresentante di una Organizzazione Non Profit non è in grado di rispondere a una semplice domanda fatta a bruciapelo: perchè lo fate?
Viene così sottovalutata l'importanza del famoso primo passo ("Anche il viaggio più lungo inizia con il primo passo"). Perchè dalla certezza sugli obiettivi discende (forse) quella dei risultati. Cosa discende dall’incertezza?
Esempio: se voglio ringraziare i miei sostenitori più affezionati, dando loro una stupenda occasione per divertirsi, coinvolgere le famiglie e gli amici, sentirsi parte di un gruppo coeso che per tutto l'anno si impegna per migliorare il mondo in cui viviamo, perchè (dopo tutto quello che già fanno) sfidarli anche con una raccolta fondi? Dovremmo invece regalargli l'iscrizione alla gara. Se sono così bravi e affezionati, quale modo migliore di dimostrargli quanto gli siamo grati?
Oppure: se voglio acquisire visibilità, perchè lesinare negli investimenti? Le leggi del marketing insegnano che bisogna investire in pubblicità fino a che ogni centesimo investito origina una nuova donazione. E allora decidiamo quale budget, da chi farlo finanziare, quali iniziative associare, chi coinvolgere come testimonial, cosa fare durante il percorso per essere notato, e così via.
E infine (ma soprattutto): chi partecipa per raccogliere fondi per finanziare uno o più progetti, deve comunicarlo immediatamente a tutto il mondo, forte e chiaro. Non devono esserci equivoci di sorta. Altrimenti si finisce con lo sprecare tutte le (già esigue) energie a disposizione per attirare centinaia di runner, magari con una corsa al ribasso sul prezzo del pettorale. Salvo accorgersi, il giorno dopo la gara, che tutti questi runner sono stati ingaggiati per correre (cosa che avranno fatto benissimo e con tanto entusiasmo) e non per fare fund raising. Perchè nessuno glielo ha detto, oppure perchè non hanno capito che la priorità era questa.
Gli esami di coscienza iniziano nel chiuso delle proprie mura. E' chi dirige la ONP che deve prendere la fatidica decisione. Dopo di che, a cascata, dovrà condividerla con la propria struttura per verificare l'esistenza e la disponibilità di adeguate risorse (finanziarie e umane). Fatto ciò, si apre la porta di casa e si parte, pieni di fiducia, pronti a sfidare le avversità che ci separano dal compiere il nostro fortunato destino. Que sera, sera. Whatever will be, will be. Ma con le idee chiare.
Questo avviene in un mondo perfetto. In un mondo imperfetto (il nostro) l'umile ma agguerrita volontaria cerca di convincere in tutti i modi i responsabili della Organizzazione Non Profit a partecipare alla maratona. Conosce un sacco di runner che non vedono l'ora di coinvolgere tanti altri amici. Dice "correranno per noi" e "magari ci aiuteranno a raccogliere fondi perchè la nostra è una buona causa" (in realtà anche quelle delle altre ONP, ma non sottilizziamo). Dice anche che "tutti indosseranno la nostra maglietta così avremo tanta visibilità" (100 runner su 15mila) e conclude con "avremo migliaia di LIKE sulla nostra pagina Facebook". Facile, no? Il dirigente della ONP in genere la liquida con "ok, veditela tu ma non portare via troppo tempo al progetto che stai già seguendo". Potete immaginare quali saranno i risultati.
In un mondo ugualmente imperfetto, è lo stesso dirigente della ONP ad avere un atteggiamento da Giano bifronte. Da una parte vuole raccogliere fondi attraverso le staffette che si iscriveranno alla gara, e dall'altra non ha il coraggio di chiedere (come si usa in UK o in USA) una raccolta minima di 200-500-1000 euro a testa. Va a finire che quello del dopo gara è un vero e proprio "the day after". Si tirano le somme e si scopre che a malapena si è andati in pareggio. Uno sbattimento inutile e controproducente.
Sir Ken Robinson, un noto consigliere internazionale per l'educazione, dice "Gli studenti non sono tutti uguali. E nemmeno i vostri figli lo sono, eppure hanno gli stessi genitori".
Non ci sono obiettivi identitari nella partecipazione ad un charity program. Ogni ONP avrà il suo. E quello che va bene oggi potrebbe non valere più il prossimo anno.
Riflettete prima di agire. Male non farà.
Credits foto: Erik Johansson (http://erikjohanssonphoto.com/)