“Scordatevi il target, con il crowfunding si instaura una relazione fra singole persone”. Maurizio Imparato, fondatore di “Happy Training”, si occupa di formare i fundraiser e fare emergere i loro talenti. Gira per le Onlus e le università con Pinocchio, un pallone da calcio, un manichino da sartoria e un pupazzo di Einstein: gli servono per i suoi corsi di crowdfunding creativo, in cui trasmette gli ingredienti della sua personale formula del successo (oltre il 70% dei partecipanti ai corsi porta ad obiettivo la campagna)
Perché è necessaria la creatività in una campagna di crowdfunding?
Perché non bisogna intendere il crowfunding come uno strumento per raccogliere dei soldi, ma un'occasione per creare delle relazioni. Non bisogna basare il proprio progetto sul contenuto della proposta, ma provocare un'emozione nelle persone a cui si parla. L'emozione è la condizione imprescindibile per attivare all'azione e la creatività è il nostro miglior alleato per emozionare.
Nel crowdfunding bisogna essere essenziali, ma anche esaustivi ed entusiasmanti. Come si coniugano queste raccomandazioni con la creatività?
Sono tutte qualità necessarie per la riuscita di un progetto di crowdfunding. Per farle andare d'accordo, penso che il modo migliore sia utilizzare le metafore: è difficile far capire agli altri in maniera precisa ciò che si vuole e ci servono elementi facilmente comprensibili. La mia preferita riguarda proprio il crowdfunding, che presento sempre come la “colletta” che si faceva da bambini per comprare il pallone e giocare insieme.
La creatività viene associata di solito a video o immagini strane, ma affascinanti. Si tratta solo di questo o c’è altro?
Spesso si sovrappongono i concetti di creatività, fantasia e immaginazione. La creatività in senso stretto è un “modo di mettere insieme le cose” e si manifesta attraverso tutte le forme di comunicazione, dalla parola alle fotografie. L'immaginazione, elemento fondamentale per una campagna di crowdfunding, serve per vedere qualcosa nel futuro e trasmetterlo agli altri. Il percorso che stai proponendo parte da quello che immagini: se non hai abbastanza immaginazione tu, sarà difficile convincere qualcun altro.
Per la creatività, spesso ci si affida a persone “creative”. Come si tira fuori, invece, la creatività che è in noi?
Ognuno di noi è un creativo in potenza e il mio mestiere è far emergere questa creatività. Ci sono tanti esempi: uno dei miei preferiti è quello di Fabio Zaffagnini, un “ragazzo” che aveva il sogno impossibile di vedere la rock band dei Foo Fighters esibirsi nella sua Cesena e ha organizzato con una campagna di crowdfunding un tributo, in cui un migliaio di musicisti suonava una loro canzone. La sua idea ha funzionato (i Foo Fighters hanno poi suonato davvero a Cesena) e Fabio ha cavalcato l'onda lanciando l'idea di un concerto, “Rockin'1000”, i cui partecipanti non avevano mai provato insieme. Inizialmente, però, la sua seconda campagna aveva perso la magia ed era diventata pura operazione di marketing: ha ritrovato lo slancio quando ho avuto l’opportunità di fare una chiacchierata telefonica con lui. Questa telefonata ha permesso di far emergere a livello razionale quanto di buono era stato fatto istintivamente nel progetto originario, la motivazione profonda di quell'avventura.
Come può una onlus essere creativa?
Deve dimenticarsi di essere una Onlus e pensare come se fosse una singola persona. L'emozione e la sintonia si creano soltanto quando chi dona sa di farlo per un altro essere umano e non per un'organizzazione. Su Rete del Dono, ad esempio, i fundraiser sono in primo piano e ogni raccolta fondi è associata a un volto, più che alla Onlus che rappresenta.
C’è il pericolo di essere troppo creativi in una raccolta fondi, al punto di non essere capiti o spaventare?
Il rischio di sbagliare strategia di comunicazione c'è, ma di solito non si concretizza mai nella prima campagna. All'inizio ognuno di noi ha uno slancio di creatività naturale e, spesso, una buona dose di fortuna del principiante. Quando si vuole replicare, invece, cominciano le difficoltà. L'esempio positivo in questo caso è quello di Gabriele Del Grande, un giornalista che ha usato una piattaforma di crowdfunding per finanziare “Io sto con la sposa”, un documentario in cui si racconta il viaggio di una famiglia siriana che attraversa l'Europa fingendo un corteo nuziale per oltrepassare le frontiere. Ora ha realizzato, sempre tramite crowdfunding, un libro sulla guerra in Siria e la nascita dell'Isis: per farlo ha studiato bene il settore, accresciuto le sue conoscenze e rinforzato i “punti deboli” della comunicazione della prima campagna. Il risultato è una campagna ancora più riuscita della prima.
Ci sono degli strumenti che consiglieresti a chi vuole essere creativo?
Ci sono tanti strumenti specifici per esercitare la propria creatività, ma per me la cosa importante è l'approccio. Il messaggio da dare non è “Non ho i soldi per fare una cosa, dammeli tu”, ma “Guarda quello che possiamo fare insieme”.
Quali consigli in chiave creativa daresti a chi inizia a fare crowdfunding su Rete del Dono?
Il primo è quello di dimenticarsi i soldi: pensare costantemente al risultato economico da raggiungere uccide la creatività. Bisogna anche scegliere qualcosa che faccia sorridere sia noi che gli altri: ogni buona campagna di crowdfunding si basa infatti sulla capacità di coinvolgere le persone nella felicità che deriva dal raggiungimento del nostro obiettivo. Ma il consiglio più importante che posso dare è quello di essere sé stessi, con la massima sincerità e trasparenza possibili. Risultare artificiosi agli occhi dei donatori sarebbe un peccato imperdonabile.