Personal Fundraising e Crowdfunding: ottimi strumenti per la raccolta fondi, ma anche percorsi concreti per attivare la partecipazione delle persone e delle comunità a sostegno di un progetto solidale. Proprio sul rapporto tra Fundraising, Charity program e cambiamento sociale, abbiamo intervistato Annalisa Gotti, comunicatore, fundraiser e fondatrice di Passione Fundraising.
 

Il Crowdfunding non è solo strumento di raccolta fondi partecipata, ma veicolo di partecipazione ed aggregazione della local community. Ci puoi spiegare il tuo punto di vista?

Per sviluppare il Charity Program UniCredit Run Tune Up 2014 svoltosi il 14 settembre scorso in occasione della Mezza Maratona Internazionale di Bologna, ho scelto di utilizzare il Crowdfunding per attivare pratiche di Fundraising di comunità. Il Crowdfunding funziona perchè è partecipativo, trasversale, innovativo e di trasparenza.

Concordo con l’interpretazione e il valore che vengono riconosciuti al Crowdfunding. Come affermano Claudio Calveri e Roberto Esposito nello studio Crowdfunding World 2013: “Con il Crowdfunding, attraverso la partecipazione, si evidenzia il processo di crescita del gruppo e del singolo. Ogni community, anche la più piccola, può produrre dei risultati positivi, partendo dall’azione comune, grazie all’impegno di individui che apportano contributi di diversa natura, secondo le loro esigenze e la loro partecipazione”. La somma del tutto, quindi, può fare la differenza. Il Crowdfunding crea relazioni e aggrega diverse comunità, perché chi partecipa al processo lo fa attraverso azioni concrete e responsabilità che portano dei cambiamenti sociali.
 

Il Charity program può essere un valido strumento per sostenere la comunità locale su un obiettivo preciso, e quindi, diventare motore del Community Fundraising? In che modo?

Assolutamente si, io ci credo molto. Considero il Charity Program sia uno strumento di forte sensibilizzazione e aggregazione sia uno strumento di Fundraising per la comunità. Per queste ragioni ho inserito nel regolamento di adesione alcune indicazioni che prendono spunto dalle considerazioni sui processi attivati dal Crowdfunding, ovvero: obiettivi comuni da raggiungere, sostegno e condivisione tra non profit e il personal fundraiser della buona causa e dell’obiettivo di raccolta fondi previsto, consapevolezza da parte dei runner testimonial di essere uniti nella corsa, massima trasparenza sull’utilizzo dei fondi raccolti.

In questo modo Passione Fundraising, insieme all’organizzazione dell’Unicredit Run Tune Up, ha offerto alle realtà presenti la possibilità di partecipare a un progetto dedicato a soddisfare le esigenze della comunità stessa. I risultati della prima edizione sono stati positivi, anche se migliorabili. Le maggior difficoltà rilevata durante lo sviluppo del progetto trovano riscontro anche ne l’Aggiornamento semestrale - maggio 2014- dell’Analisi delle piattaforme italiane di Crowdfunding, di Daniela Castrataro e Ivana Pais che tra le criticità evidenzia quella della scarsa disponibilità al coinvolgimento in progetti partecipativi e del forte individualismo da parte dei clienti/utenti.

Penso che il mio modello ideale di Charity Program/Community Fundraising sia quello che punti, non solo sui risultati di fondi raccolti e visibilità di non profit e runner, ma anche sulla sensibilizzazione delle buone cause da sostenere.

Come creare le condizioni ottimali per collegare i runner alle ONP?

Il personal fundraiser è il portavoce della non profit, e come tale, deve essere riconosciuto da tutti i partecipanti di un Charity Program. L’importanza del personal fundraiser come promotore e sostenitore della buona causa della realtà che rappresenta e dell’iniziativa di raccolta fondi che sostiene è innegabile, ma lo è allo stesso modo il coinvolgimento attivo dell’associazione che si deve fare promotrice del suo operato.

Così le relazioni di non profit e runner si intensificano, si consolidano e possono arrivare a coinvolgere più community di riferimento. Il passaggio successivo da parte di un personal fundraiser che porta avanti la sua sfida è quello di far interagire più community tra loro per una buona causa che diventa comune: si corre insieme per la community anche se ciascun runner sostiene la sua non profit. Si può fare se si riesce ad avere un approccio di minor individualismo e maggior condivisione.

Stiamo assistendo a una progressiva compenetrazione tra on line e off line. In che modo è possibile ottimizzare il coinvolgimento della propria community valorizzando la sinergia tra queste dimensioni?

Seguendo lo sviluppo del Charity Program UniCredit Run Tune Up 2014, ho avuto la necessità di  fare interventi off e online sulla base da obiettivi, pubblici di riferimento, strumenti e tempi diversi.

Un personal fundraiser può sviluppare la capacità di creare relazioni e promuovere la sua buona causa sia nella community online sia off line. Nel Crowdfunding è inevitabile che ciò accada perché l’utente potenzia la sua azione attraverso comportamenti che si sviluppano sempre tra la rete e la vita off line, tra l’individuo e i gruppi. Diventa più frequente che gruppi diversi si connettano e, solo per un tempo specifico e un obiettivo stabilito, operino insieme per la community. Il Charity Program rappresenta una buona occasione per lo sviluppo di questa modalità di coinvolgimento a cavallo tra canali diversi.