Ho partecipato pochi giorni fa a Roma all’Assif Day, una giornata di confronto e approfondimento che ha coinvolto i professionisti italiani della raccolta fondi, i fundraiser. Sono emersi tanti temi interessanti che vorrei condividere.

La professione del fundraiser è relativamente nuova nel nostro paese e ancora alla ricerca di una vera e propria identità. Come hanno giustamente evidenziato Simona Biancu e Yaele Aferiat, oggi ci sono molteplici percorsi formativi che offrono al fundraiser una solida base di partenza per avvicinarsi alla professione. Questa è certamente una condizione necessaria ma non sufficiente. Ci sono altre componenti che, qualora presenti, riescono davvero a trasformarlo in un “vero professionista” della raccolta fondi. Le relatrici ne hanno messe a fuoco tre:

  • Competenza che si concretizza nella capacità di essere curioso a attento a quello che succede nel mondo che lo circonda, avere intuito e sensibilità - come dicono gli anglosassoni “connecting the dots”
  • Consapevolezza professionale che significa conoscere il proprio ruolo e darne visibilità all’interno dell’organizzazione in cui si lavora, dialogando con tutte le aree di competenza in modo sinergico e diffondendo la cultura della raccolta fondi (in primis con i colleghi) e del dono (con i donatori dell’organizzazione)
  • Capacità di leadership – ovvero avere la forza per diffondere all’interno della propria organizzazione la cultura della raccolta fondi e del dono.

Making a Difference

Di grande interesse, per capire meglio il contesto in cui noi fundraiser ci muoviamo, è stato anche l’intervento di Valeria Reda, Doxa Italia, che ha messo in luce i tre aspetti più significativi della ricerca “Italiani solidali 2018”.

Si osserva una diminuzione del numero di donazioni ma un aumento della donazione media. Si perdono i donatori saltuari, coloro i quali donano quando c’è un’emergenza, ma si consolidano i donatori ricorsivi, quelli fedeli alla solidarietà che, di fatto, continuano a donare.

In assenza di emergenza vince il settore “Salute e Ricerca” e cresce il settore assistenza alla disabilità. Altri settori a cui gli italiani rivolgono attenzione sono le cause di prossimità, come l’infanzia e la povertà. Altri ambiti risvegliano l’attenzione dei donatori più facoltosi ovvero ambiente, animali e patrimonio artistico.

Interessante notare quanto questi risultati abbiano un riscontro diretto anche su Rete del Dono, ove nell’ultimo anno sono nate spontanee numerose campagne per la tutela e la cura degli animali e si registra una continua crescita del settore cultura che nel 2018 è arrivato a raccogliere circa 60mila euro raddoppiando i risultati del 2017.

Infine, è utile analizzare quanto chi è “solidale” lo sia in pieno: destina il proprio 5xmille e dona, mentre chi è lontano da questo mondo oltre a non donare non destina neppure il proprio 5xmille. Anche questo è un dato, a mio avviso, da considerare, che dimostra quanto sia importante la cultura del dono, per stimolare e avvicinare il singolo alla solidarietà. Chi si avvicina non la abbandona, quindi il nostro ruolo è quello di contribuire a stimolare e accrescere la cultura del dono.

Dulcis in fundo, la sessione a cui ho partecipato in prima persona ovvero “I fundraiser e il territorio: esperienze e numeri a confronto”: davvero illuminante e ricco di spunti di riflessione l’intervento del Professor Gregorio Arena, Presidente Labsus, il laboratorio per la sussidiarietà. Secondo Arena è il momento di dare maggior fiducia a quell’Italia solidale, attiva e dinamica che si spende in prima persona per il bene comune. Dobbiamo dare risalto a quei cittadini che hanno superato la condizione di sospetto e sfiducia verso l’amministrazione pubblica e che di fatto collaborano in modo proattivo e responsabile. Solo trasformando la relazione tra amministrazione pubblica e cittadini in un rapporto fondato sulla fiducia si potrà vedere il cambiamento. In Italia ci sono 800 mila i cittadini attivi che si prestano al cosiddetto volontariato liquido, ovvero oggi ho tempo e aiuto a pulire la spiaggia dietro casa, domani aiuto AIRC in un evento di piazza. Parliamo di cittadini responsabili interessati al bene comune, con un forte senso civico e disposti a dedicare parte del loro tempo per fare del bene alla comunità.

Molto bella anche la testimonianza di Bernardo Carmina. Ha condiviso l’esperienza della Curva Nord del Pisa calcio che, in ricordo di un tifoso, Maurizio Alberti, ha raccolto fondi e realizzato tantissimi progetti sia locali che in giro per il mondo. Iniziative di sensibilizzazione e giustizia per rispondere al pregiudizio e alla discriminazione di cui è stato oggetto Maurizio e per tenerne vivo il suo ricordo. Il più significativo è il Parco di Mau, un’idea per la città, uno spazio inclusivo e comunitario dove tutti possano interagire e passare il tempo serenamente. 

Parco Mau, Pisa

Questo forte spirito comunitario lo ritrovo quotidianamente, sia nelle piccole associazioni che nei “personal fundraiser” attivi su Rete del Dono. Significativa la campagna di crowdfunding di ARA onlus che ha l’obiettivo di raccogliere fondi per l’acquisto di un pick up per la protezione civile di Sant’Andrea Apostolo dello Jonio. Il comune ha bisogno di un mezzo per trasportare agilmente i volontari della protezione civile impegnati in attività di emergenza sul territorio. Un segno di impegno che ha come finalità la tutela e il buon mantenimento del territorio, ma anche un gesto di grande responsabilità.

Il fundraising è uno strumento strategico, capace di compattare la comunità intorno alla realizzazione di un progetto. A mio avviso il successo di un’azione di community fundraising è dato da tre fattori:

  1. Un progetto - che abbia un impatto sul territorio
  2. Un network di persone che si raduna intorno a un bisogno creando una community di persone con interessi comuni
  3. Il senso di appartenenza alla comunità locale che scatena l’impegno civile e quindi l’attivazione

Tanti spunti e tante idee che dimostrano quanto il fundraising e i fundraiser possono essere motore di cambiamento e crescita della community in cui viviamo.
L’importante è buttare il cuore oltre l’ostacolo e metterci la faccia.

Come on fundraiser!