“Ogni anno peggioro, questa malattia è come un orologio, un timer, so che prima o poi in carrozzina ci finisco e questo mi mette fretta, voglio fare tutto quello che posso finché posso”. Manuel Giuge non è certo un tipo che si arrende e per i suoi 30 anni, che compie oggi, giovedì 14 luglio, si è regalato un viaggio in auto da solo da Venezia, dove vive, fino a Capo Nord.

Manuel è nato nel 1986 e sembrava un bambino sanissimo, anzi forse pure troppo vivace. Poi a 9 anni comincia a camminare sulle punte dei piedi, e nel giorno del suo 11esimo compleanno viene sottoposto ad una biopsia, ma i risultati li ha solo verso i 13 anni: “Distrofia Muscolare dei Cingoli”.

I medici dissero che entro 4 o 5 anni non avrebbe probabilmente più camminato. E invece a 30 anni riesce ancora a stare sulle sue gambe, anche se non può salire neppure un gradino e se cade non riesce a rialzarsi da solo. La malattia corre veloce, molto più veloce della ricerca, che in sostanza non esiste perché la malattia è rara, e, al momento, non c'è una cura. Ecco perché Manuel ha deciso con la sua impresa di raccogliere fondi per l'associazione AlCa3 Onlus l'unica in sostanza che combatte per la lotta alla distrofia muscolare dei cingoli.

 

Perché questo viaggio?

A me piace viaggiare e guidare e nella mia vita ho avuto la fortuna di poter viaggiare molto. Capo Nord è un punto estremo, puoi solo arrivare, girarti e tornare indietro, è il capolinea. Tra andata e ritorno ho fatto 10.111 km in tre settimane spaccate. All'andata sono passato per la Danimarca, da lì ho preso un traghetto per la Norvegia dove ho risalito tutti i fiordi. Al ritorno sono passato per la Finlandia per fare tappa a Rovaniemi per conoscere Babbo Natale e poi sono sceso per la Svezia.
È strano dirlo ma se non avessi avuto questa malattia probabilmente questo viaggio non l'avrei fatto e me ne sarei pentito. La malattia mi mette fretta, ecco perché l'anno scorso mi sono buttato col paracadute e sabato parteciperò ad una traversata in canoa da Tirano a Venezia, 100 chilometri, con il campione olimpico Daniele Scarpa.

Manuel Giuge a Capo Nord per il viaggio per AICa3 ONLUS

Cosa ti ha spinto a diventare un personal fundraiser?

Durante una visita medica a Milano ho conosciuto l'associazione AlCa3 Onlus, non solo in Italia ma anche in Europa è l'unica che si occupi della mia malattia e ho deciso di fare qualcosa per loro. Un anno fa ho scoperto Rete del Dono tramite Alex Zanardi, aveva fatto una raccolta fondi per una bambina e ho suggerito all'associazione di iscriversi. Appena ho potuto ho fatto partire anche la mia raccolta fondi.

 

Qual è stato il momento più emozionante e quello più difficile della tua impresa?

Il momento più bello è stato anche quello più duro. Alle Isole Lofoten ho dormito in auto per riprendere in time-lapse il sole di Mezzanotte, faceva freddo, fuori c'erano due gradi e tanta tanta luce, non ho dormito granché. In questo viaggio ho dormito due volte in auto e se la prima è stata per scelta la seconda è stata per necessità: entro due ore di viaggio in auto non c'erano hotel accessibili per me, io non riesco a fare neppure due scalini, per me l'albergo è come se fosse chiuso.

 

Dove hai trovato la forza di andare avanti?

La fiducia che una soluzione c'è sempre, basta trovarla. Sono riuscito ad arrivare a Capo Nord senza neppure fare uno scalino. All'inizio lo facevo soprattutto per me. Poi mi hanno contattato delle mamme di figli che hanno la mia stessa malattia, che mi dicevano 'una parte di mio figlio te la porti a Capo Nord'. Mi hanno dato una carica in più. Ho detto a questi tre ragazzini 'Non datevi per vinti, tutto è possibile'. L'importante è rompersi, darsi da fare, per raggiungere i traguardi.

Manuel Giuge sulla nave verso Capo Nord

 

E i tuoi genitori, come hanno reagito quando li hai informati di voler andare a Capo Nord da solo?

All'inizio erano molto, molto preoccupati, ma non mi hanno mai detto di no. Poi quando si sono mosse tutte le associazioni e le persone si sono tranquillizzati. Quelli dell'associazione Amici della Laguna e del Porto hanno visto la pagina Facebook dell'iniziativa mi hanno contattato, hanno trovato una macchina riadattata per me, mi hanno aiutato a pubblicizzare il viaggio, hanno addirittura fatto un'asta online con le magliette firmate dai calciatori del Venezia e i palloni autografati della Reyer, la squadra di basket della mia città.

 

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